Dalle lapidi cimiteriali la moltitudine di chi ci ha preceduto muove verso di noi l’estremo passo, la sua eterna ultima recita, come in una medievale danza macabra, priva però di quella malinconia feroce e beffarda; facendo irruzione nel nostro tempo, consegna a noi e alle generazioni future un breve, epigrafico testamento morale, ci affida gli ideali che hanno connotato la sua vicenda storica e la sua fede nel destino futuro.
Le parole degli epitaffi ci trasmettono, come in un estremo lascito, i comportamenti e i valori che hanno fondato l’identità di un mondo; come scrive Chiara Frugoni nella prefazione, «i nostri vecchi nelle lastre cimiteriali parlano di sé, si raccomandano a noi, vogliono che continuiamo a conoscerli e a ricordarli».
Le 3288 lapidi sepolcrali qui raccolte, custodite in 156 cimiteri tra l’Adda e il Brembo, parlano un linguaggio articolato, che dice del lutto e della sua cultura, della morte e della vita: come afferma Vladimir Jankélévitch, «morire è la condizione stessa dell’esistenza».
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.